venerdì 22 dicembre 2017

L'assenza è presenza!

 La presenza non racconta sempre la verità, l'assenza invece.......
Dopo i tagli di Lucio Fontana, l’universo della pittura non è più astratto e bidimensionale ma guadagna spessore, consistenza, pelle, carne, corpo.
Il modo in cui Kounellis assimila la lezione di Lucio Fontana è geniale.


Ma chi è Kounellis? Ecco, il suo autoritratto: «Sono contro il mondo di Andy Warhol e degli epigoni di oggi. Voglio restaurare l'atmosfera vissuta dai Cubisti. Sono contro la condizione di paralisi alla quale ci ha condotto il dopoguerra. Ricerco invece nei frammenti (emotivi e formali) la storia dispersa. Sono contro l'estetica della catastrofe; sono partigiano della felicità. Ricerco quel mondo di cui i nostri padri del Novecento, vigorosi e fieri, hanno lasciato esempi rivoluzionari per forma e contenuto. Amo le piramidi d'Egitto, amo Caravaggio, amo Van Gogh, amo il Partenone, amo Rembrandt, amo Kandinskij, amo Klimt, amo Goya, amo l'impeto della Vittoria di Samotracia, amo le chiese medievali, amo il personaggio di Ofelia così com'è descritto da Shakespeare e onoro i morti pensando, a proposito di me, che sono un artista moderno». 

Quest’artista moderno, italo-greco, invece di procedere lavorando ancora sul quadro, come fa Fontana, dilata il suo spazio portando la pittura completamente fuori dal quadro, facendo dello spazio occupato un teatro. La teatralità come esagerazione s’impossessa così di un nuovo spazio che supera il quadro o, se si preferisce, che diviene il luogo dilatato di un nuovo concetto di quadro. Mentre per Lucio Fontana quello del quadro rimane ancora uno spazio assoluto, astratto, metafisico, per Jannis Kounellis esso si fa mitico, si impregna della "Storia" e della memoria, possiede una consistenza materiale, corporea, tangibile, certa, solida e autentica. E’ questa l’intuizione e l’ispirazione che caratterizza tutta la sua arte: l’abbandono di una pittura intesa come rappresentazione, per lavorare con lo spazio e la materia, per fare un’arte fisica, fatta di cose, oggetti concreti, non “rappresentati”, ma “presentati”.
Pietre, travi, ferri arruginiti, sacchi di cereali, carbone, indumenti dismessi: non si tratta solo di oggetti umili. Kounellis "eleva, la materia di cui è fatto il mondo al rango dell’assoluto". 
La sua poetica è fondata sull’oggetto. La materia dell’arte di Kounellis usa indistintamente materiali molto diversi tra loro: ferro, legno, marmo, vetro, carbone, gesso, carta, travi, lampade, pietre, scarpe, scaffali, corde. Qual è la loro natura? Sono come presenze, cose che si osservano e che appartengono alla vita. Le bottiglie, i sacchi, i carboni, i libri inceneriti non significano nulla se non la presenza che evocano. Le cose quotidiane descritte nella loro semplice presenza, (le pietre, i sacchi di carbone o delle scarpe)  sono però percepite come solenni, icone visibile dell’invisibile.  Queste presenze rinviano al reale come impossibile da rappresentare, come mistero della presenza.


Ricordo un vecchietto; con un fazzoletto toglie la polvere dalle scarpe bloccate da putrelle di acciaio nella stazione di Piazza Dante a Napoli. Mi fermo, sto a guardarlo, il suo gesto delicato mi impressiona, sono affascinato. Si gira, dice: "Quest'opera è un patrimonio per la città, qui c'è la Storia, va tutelata".

Sono oggetti evocativi, presenze che evocano l’inconoscibile, il mistero illimitato della vita e della morte, dicono molto di più di una semplice rappresentazione. Sono presenze che si sentono, si percepiscono, come fantasmi o spiriti, nel senso che sono immagini che rimandano a ciò che manca.
Questo comporta che, “l’immagine può rendere evidente l’invisibile solo incidendo nella presenza il segno dell’assenza.  

La superficie del quadro è opprimente e non basta allo slancio creativo dell’artista, il cui impegno è di squarciare il limite, di andare oltre la tela del quadro, oltre il dipinto sul cavalletto, oltre la “riproduzione di qualcosa” per liberare il gesto artistico dai suoi limiti. Lo spazio impersonale, freddo del quadro diviene angosciante e claustrofobico. 
Nel suo espandersi verso uno spazio concreto e drammatico, Kounellis riprende il carattere sovversivo del gesto di Pollock – ed esce davvero dallo spazio chiuso del quadro in modo definitivo. Per Kounellis, che si è sempre definito pittore, l’azione dell’artista si realizza con la rottura nei confronti del linguaggio ordinario e delle immagini convenzionali. Si tratta di "aprire una cosa fuori dai muri ossessivi della convenzione", come egli stesso afferma. Allora il compito dell’arte è questo: trovare dei mezzi per aprire più possibilità di comunicazione
Opera fondamentale della produzione di Kounellis è Tragedia civile del 1975, al cui centro c’è innanzitutto l’assenza, il vuoto. Lo sfondo è una parete coperta completamente di foglia d’oro; ad esso fa da contrappunto un attaccapanni con sopra appesi un cappello e un cappotto, entrambi neri. A rendere reale la composizione, le sole ombre enigmatiche proiettate a terra. Nient’altro. C'e' poi la presenza di una lampada che concentra in se, secondo le stesse dichiarazioni di Kounellis, "quella storia dell’arte che ha dato corpo al grido tragico, spaventoso e disperato dell’uomo: la luce ombrosa di Caravaggio, la lampada del tavolo dei Mangiatori di patate di Van Gogh, quella che sbuca dalla finestra retta da una mano disperata in Guernica di Picasso". Mentre nelle icone della pittura bizantina e nelle pale medioevali l’oro simboleggiava il divino e faceva da sfondo sacro ai personaggi dipinti, qui l’oro fa risaltare un’assenza. In Tragedia civile il contrasto tra lo sfondo dell’oro e l’assenza evocata dalla presenza del nero degli abiti è assai acuto e stridente: l’uomo – questa è la reale tragedia civile – ha abbandonato i propri indumenti, di lui non resta nulla, non rimane niente; solo la sua mancanza, la sua assenza. 

In un tempio c'è una poesia, intitolata "La mancanza", incisa sulla pietra. Ci sono poche parole, che il tempo ha cancellato. Non si può leggere la mancanza, solo avvertirla!

.......ciò che avverti non è mancanza, ma presenza di persone ed eventi che tornano a trovarti. 

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Tutto ciò che c'è c'è già. Allora nei miei pezzi che si fa? Renderò possibile l'impossibile fino a rendere possibile la realtà...