mercoledì 3 gennaio 2018

Infinità infinita - Pt. I

Nel rivolgere uno sguardo attento a qualcosa, 
questa diventa sorprendente, indescrivibilmente magnetica.

L'arte si può sentire respirare, e come l'amore o il dolore può cambiarci la vita e può, chissà, cambiare il mondo intero.
Mark Rothko scelse come mezzo espressivo della sua arte, il colore, col quale sperava che i suoi quadri “fiatassero”.
Il 25 febbraio del 1970 il corpo di Mark Rothko viene ritrovato steso sul pavimento del bagno nel suo studio. Il pittore dopo tanto tempo passato nel chiuso della sua mente, nel regno delle tenebre, si era ucciso. Rothko sì aggiunge all'elenco dei tanti pittori astratti suicidi. “I miei quadri iniziano un'avventura ignota in uno spazio ignoto”. “Non so dove mi portano: so soltanto di non avere scelta e che non sarà esattamente una passeggiata”.
I suoi quadri sembrano in attesa. Quasi mai scatta l’amore a prima vista. Però noti qualcosa, una vibrazione e un pulsare continui. Ti senti attratto oltre quelle linee nere, verso luoghi misteriosi dell'universo.
Le opere mature sono grandi tele suggestive, opere emotivamente coinvolgenti, sensualmente contagiose, grandi quadri verticali con barre di colore contrastanti, fasce tricolori sovrapposte le une alle altre, cangianti, brillanti, che ti fanno precipitare in una sorta di profondo e indefinito splendore. 
Si sente, nel suo lavoro, la mente rarefatta di chi si è immerso in una nube di pensieri dissolti, eterei. In effetti quella di Rothko sembra una pittura senza pittore, una sorta di condizione primordiale del colore, che è .... prima dell'uomo, e che però lo esclude. L'autore sparisce, è assente, viene meno.
Rothko è l'autore di quadri potenti, complessi; le sue opere emanano un campo di forze così straordinariamente magnetico, che anche molto dopo averle guardate, se ne percepisce la pregnanza. Lo stile maturo di Rothko sembrò smentire tutti quelli che accusavano la cultura americana di scarsa profondità: se c'è una cosa che si può dire delle sue opere è che sono doppiamente profonde”.
Egli è riuscito a realizzare qualcosa di totalmente originale. Non sono i colori a rendere i suoi quadri riconoscibili ai nostri sensi, ma è piuttosto quello che Rothko fa fare ai colori. Ad uno sguardo fugace, i suoi dipinti sembrano fermi, composti; ma a guardare accuratamente, ci si accorge che non è così, sono in movimento, sembra che si gonfiano e respirino, sembrano vivi. No, non sono quadri che si limitano a farsi guardare, vengono a prenderci e noi ci arrendiamo, immergendoci totalmente. È una pittura spirituale, trascendentale. La sua arte è così coinvolgente, trascinante e Rothko è il maestro della fusione dei colori. Grande è il peso delle sfocature,  dei margini frastagliati, sia sui contorni dell'intera opera che sulle linee che l'artista ottiene fra le grandi zone di colore (immagini immerse in una nuvola di fumo): sembrano perdersi in una vampata di fuoco, e del fuoco hanno lo stesso potere ipnotico. Cosa è quel bagliore, una accensione o uno spegnimento? Una luce interiore, misteriosa e potente si affaccia nella nostra coscienza: è difficile riuscire a trattenere altro negli occhi della mente.
La sua pittura è meditativa, ma non leggera. È, al contrario, profondamente angosciosa, ha come sostanza un caos calmo. Egli non voleva che i suoi quadri fossero una passeggiata, niente a che fare con la bellezza; all’opposto, dovevano evocare le sensazioni più estreme: tragicità ed estasi. Rimango sempre sorpreso nel sentire che i miei dipinti comunicano un’impressione di pace. In realtà sono una lacerazione. Nascono dalla violenza”.
 Rothko, dichiarò che gli interessava solo esprimere le emozioni fondamentali dell’uomo e comunicarle agli altri. L’artista sentiva di dover comunicare, attraverso la sua arte, fatta di forme semplici e di colori assoluti, il senso tragico dell’esistenza. Egli probabilmente temeva di sentirsi dire quanto fossero belli i suoi quadri (anche se lo erano davvero) perché la parola bellezza faceva pensare che potevano essere considerati soltanto come un arredo da interno per ricchi. Sperava invece che la gente piangesse davanti ai suoi quadri, compiendo in tal modo la stessa esperienza religiosa che egli aveva vissuto mentre li dipingeva. I suoi quadri sono incombenti, pronti ad inghiottirci: il suo desiderio sarebbe stato di sostituire totalmente le pareti e qualcosa di profondo sarebbe allora accaduto alle persone superficiali che immerse dentro la sua pittura, si sarebbero arrese al potere dell'arte, la sua arte.
 ...sotto la calma apparente, un assordante frastuono, dissonanze chiassose e confuse, armonie affannate e sconnesse,  leggere increspature agli orli .... pause tranquille atte alla digestione, intransigenze mute, rabbiose devozioni. Aprire gli occhi sull'orlo increspato......
...To be continued

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Non vi è nulla di più astratto del reale!

Tutto ciò che c'è c'è già. Allora nei miei pezzi che si fa? Renderò possibile l'impossibile fino a rendere possibile la realtà...