Disegnare è come fare un gesto espressivo… con il vantaggio della permanenza.
(Henri Matisse)
(Henri Matisse)
Jackson
Pollock non inventa nulla. La tecnica del colore colato e versato (dripping) a cui si votò intensamente, perfezionandola, era già stata adoperata
da altri pittori: quindi, la grandezza dell'artista non è una questione
puramente tecnica. La statura artistica di Pollock, non dipende dall'aver
impiegato una definita tecnica pittorica, ma nel fatto che l'abbia utilizzata
con un’efficacia fino ad allora impensata. Jack the (d)ripper, cosi fu
soprannominato dalla rivista Time.
Cominciò
collocando la tela a terra, cosi da poterla avvicinare da tutti i lati. Il
pennello viene quasi del tutto abbandonato: egli distribuisce il colore per lo
più con bastoni o direttamente da un secchiello, senza alcun contatto quindi
con la superficie del quadro.
Il suo gesto è di togliere il quadro dal cavalletto per collocarlo
a terra dipingendo mentre muove il proprio corpo attorno al quadro. L’azione espressiva
non è più quella di un pittore-autore che osserva la realtà attraverso la linea
prospettica del quadro-finestra. Piuttosto, il passaggio dalla verticalità del
quadro sostenuto dal cavalletto all’orizzontalità della sua disposizione a
terra libera il gesto dell’artista dal vincolo della prospettiva geometrica;
i punti di vista e la percezione si moltiplicano, l’opera si apre a una pluralità di prospettive, non esiste fine ne inizio, non vi è più punteggiatura,
come in letteratura era avvenuto vent’anni prima con la grande lezione dell'Ulisse di James
Joyce.
Violando lo spazio del quadro, l’artista entra in una zona
sconosciuta, non garantita da nessuno, inaccessibile prima di allora. In una dichiarazione
di Pollock rilasciata durante un’intervista: “Continuo ad allontanarmi sempre più dai soliti strumenti del
pittore come cavalletto, tavolozza, pennelli ecc... Preferisco bastoncini,
cazzuole, coltelli e lasciar sgocciolare la pittura fluida o con un impasto
pesante con sabbia, vetri o altri materiali estranei”.
Solo
in tal senso Pollock inventa così una nuova tecnica pittorica definita dripping: fa sgocciolare il colore sulla
tela usando pennelli induriti, bastoni o anche siringhe da cucina. Le colonne
d’Ercole del quadro sono superate. Non è più l’opera d’arte che imita la
realtà, ma è l’opera d’arte che realizza in se stessa, nella sua più radicale concretezza, nel suo stesso definirsi una nuova realtà.
Con Pollock inizia un nuovo cammino. Le parole non bastano, servono soltanto ad acquistare il biglietto, ma il viaggio inizia quando si fanno i gesti.
Il
suo modo di lavorare è stato immortalato dalle immagini di Hans Namuth, che
filmò e fotografò l'artista durante il suo lavoro. Il colore veniva distribuito
sulla tela a grande velocità; spesso Pollock si fermava per far asciugare la
tela e per riflettere sul modo migliore di procedere. In un’intervista, J. Pollock
afferma: “la cosa migliore è una tela non tesa, sistemata a terra...se la tela
è a terra lavoro meglio, mi sento più vicino al quadro, ne faccio parte, posso
camminargli intorno .... e letteralmente starci dentro .... Quando sono nel dipinto,
non mi rendo conto di quello che faccio. Solo in seguito riconosco ciò che sto
realizzando. E non temo di apportare modifiche al quadro, che ha una sua vita propria.
Cerco solo di farlo venire fuori. Solo quando perdo il contatto col quadro, ne
esce spazzatura. Altrimenti, regna armonia pura, un delicato dare e prendere”.
Le belle parole possono colpire, ma il gesto lascia il segno dove le parole si fermano.
....To be continued
Nessun commento:
Posta un commento