martedì 5 dicembre 2017

La solitudine di luoghi solitari


 La solitudine è bella, ma abbiamo bisogno 
di qualcuno a cui dire che la solitudine è bella.

Friedrich Nietzsche ha scritto che l'arte nasce dalla fusione di due elementi: un grande realismo e una grande irrealtà. A possederle entrambe, e nella forma più elevata, è Edward Hopper.

Nella sua pittura è presente l'America contemporanea e un poco fuori moda, dove risaltano vecchi binari della ferrovia, fari sulla costa rocciosa, vecchie case coloniche dipinte di bianco e con il tetto a spiovente, scorci di strade deserte.

Le ambientazioni che egli sceglie sono ordinarie, familiari, semplici: un distributore di benzina, una tavola calda, l'interno di un vecchio cinema, uffici, una stanza di un appartamento o di un albergo; poche figure, di solito assorte o isolate.
Eppure nonostante l'evidente realismo, le sue immagini sono, senza dubbio alcuno, irreali. Egli, difatti, immerge la città, un angolo di strada o la porzione di un interno in una luce pulita, rigorosa; le sue vedute, i suoi scorci, in suoi interni sono disabitati; nelle strade manca il movimento di persone, il frastuono del lavoro e delle funzioni. Manca il rumore, non c'è alcun suono e tutto è fermo. Pausa, silenzio, sospensione, nessuno recita; e quando presenti, gli attori non hanno copioni da recitare. L'irrealtà prevale sulla realtà e a farla da padrona è la solitudine. Egli dipinge la solitudine di luoghi solitari, o meglio, la solitudine di luoghi che dovrebbero essere affollati e gremiti di persone. Le città hanno i negozi chiusi e le case con le tendine abbassate, i distributori di benzina sono deserti, le caffetterie sono senza clienti e i cinema senza pubblico. E poi donne sole sedute ad aspettare chissà chi o chissà cosa, interni con viaggiatori malinconici, che forse rinviano l'ennesimo viaggio, ragazze assorte con lo sguardo perso.


Immagini di inquietante fascino, di grande impatto emotivo, le sue sono opere potenti, emblematiche, allusive e inquietanti della condizione umana contemporanea. Le immagini solitarie e silenziose, cariche di suggestioni metafisiche, le atmosfere inspiegabili e assorte fanno un silenzio assordante e si  percepisce la risonanza dell'incomunicabilità.  La sua pittura è una “poesia silenziosa”. Eppure non è la solitudine la spiegazione della sua pittura, e lo stesso  Hopper si lamenta: ”In riferimento alla mia opera si parla troppo di solitudine”. In ogni caso, egli non è interessato alla psicologia, ed infatti non dipinge i volti in maniera espressiva, anzi ritrae le persone da lontano e non da spunti, o dettagli su ciò che accade. C'è una atmosfera vagamente metafisica nei suoi quadri, che allontana le sue immagini dal presente. 
 Le strade vuote, le camere di un motel, ricorrenti nella sua opera simboleggiano una condizione di distacco e alienazione. 
Egli costringe lo spettatore ad interrogarsi sul significato della vita, aiutato da un silenzio evocativo. È un silenzio solenne, che impressiona, quasi insopportabile, che racchiude un senso di mistero, gravido di .....aspettative.
Hopper ha inserito nella sua pittura un’ampia e aperta riflessione filosofica sulla crisi dell’uomo contemporaneo. Egli rappresenta la crisi della vita sociale e l’impossibilità di una vita di relazione fondata sulla comunicazione interpersonale.

Tutta l’infelicità degli uomini deriva da una sola causa, dal non sapere starsene da soli, in una camera.

.....To be continued

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Non vi è nulla di più astratto del reale!

Tutto ciò che c'è c'è già. Allora nei miei pezzi che si fa? Renderò possibile l'impossibile fino a rendere possibile la realtà...