domenica 12 novembre 2017

L'infinito di.....Michelangelo!



“Se alzi un muro, pensa a ciò che resta fuori!”
Italo Calvino

Al culmine della poesia del XIX secolo, Giacomo Leopardi produce il suo capolavoro: L’infinito. In pochi versi s’identifica prima col paesaggio circostante, poi con lo spazio intero. Egli dichiara di aver sempre amato il vicino colle e “questa siepe, che da tanta parte dall’ultimo orizzonte il guardo esclude”. Ultimo orizzonte. Parte da un confine reale; in seguito l’estremo ostacolo diventa ultimo e il confine si trasforma in orizzonte.

Il confine è qualcosa di materiale e definito; ad esso contrappone l’orizzonte, che è vago, indefinibile e astratto. Non sono semplici sfumature di significato; il confine non implica luce, l’orizzonte ne è pervaso. Leopardi fa entrare luce nelle sue stesse parole. Un semplice ostacolo, quello di non poter guardare oltre l’estremo confine, diventa la spinta verso lo smisurato e l’incommensurabile: l’infinito. La luce. Uno spiraglio. Una via per elevarsi.
Come ricreare quelle condizioni, come ingabbiare l’uomo cosi da costringerlo a liberarsi?

Tre secoli prima Michelangelo, nel vestibolo della biblioteca Laurenziana a Firenze, ha ottenuto esattamente questo risultato, cioè far sentire lo spettatore come intrappolato in un ambiente in cui tutte le porte e le finestre sono state murate, permettendogli solo di sbattere la testa contro il muro. Finestre che, anziché portare luce, bloccano la vista e nello stesso tempo stimolano la curiosità del visitatore.
La stanza di Michelangelo si sforza di recuperare una sensazione claustrofobica e disorientante. Il vestibolo della Biblioteca Laurenziana ha un effetto deliberatamente opprimente su chi la visita e quando si entra nella stanza, si viene pervasi da una sensazione insopportabile, soffocante, asfissiante, come se si fosse appena attraversato una soglia che dalla vita normale porta in una sala d'attesa dell'inferno.

È un caso estremo, in cui la finestra gioca un ruolo importante, in cui essa si fa muro, separatore netto.

Non sai dove ti porta e non sei sicuro di volerci andare: sai soltanto di non avere scelta e che non sarà esattamente una passeggiata.

Si tratta del più grande artista della storia (almeno così si dice).

Aveva passato una vita di lavorio mentale intorno alla domanda delle domande, “che cosa può fare l'arte, può andare oltre il rumore bianco della vita di ogni giorno, mettersi in contatto con quelle emozioni che ci rendono esseri umani, l'estasi, l'angoscia, il desiderio, il terrore. La stanza di Michelangelo è inquietante (e Michelangelo è terribile), ma anche liberatoria. Libera l'immaginazione.

Michelangelo oscura cosi tutte le forme esistenti e possibili, e invita a imboccare lo scalone, che porta alla conoscenza, l’unica che possa crearne sempre di nuove (forme). Nel vestibolo esiste una doppia funzione: fingere di eliminare per esaltare. È un’azione che nel momento stesso in cui oscura, illumina. È il negativo della vista che presuppone il suo positivo. E’ un’affermazione del pensiero. I latini dicevano che due negazioni affermano, ed egli a forza di cancellare, oscurare e quindi di negare, ha affermato  del mondo e della vita, la bellezza infinita............. "e il naufragar ci è dolce in questo mare".

Ragionando su ciò che appare in superficie, si riesce a penetrare nella profondità delle cose!!!!

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Non vi è nulla di più astratto del reale!

Tutto ciò che c'è c'è già. Allora nei miei pezzi che si fa? Renderò possibile l'impossibile fino a rendere possibile la realtà...