“Se
alzi un muro, pensa a ciò che resta fuori!”
Italo
Calvino
Al
culmine della poesia del XIX secolo, Giacomo Leopardi produce il suo
capolavoro: L’infinito. In pochi versi s’identifica prima col paesaggio
circostante, poi con lo spazio intero. Egli dichiara di aver sempre amato il
vicino colle e “questa siepe, che da tanta parte dall’ultimo orizzonte il
guardo esclude”. Ultimo orizzonte.
Parte da un confine reale; in seguito l’estremo ostacolo diventa ultimo e il
confine si trasforma in orizzonte.
Il
confine è qualcosa di materiale e
definito; ad esso contrappone l’orizzonte, che è vago, indefinibile e astratto. Non sono semplici sfumature di
significato; il confine non implica luce, l’orizzonte ne è pervaso. Leopardi fa
entrare luce nelle sue stesse parole. Un semplice ostacolo, quello di non poter
guardare oltre l’estremo confine, diventa la spinta verso lo smisurato e l’incommensurabile:
l’infinito. La luce. Uno spiraglio. Una
via per elevarsi.
Come ricreare quelle
condizioni, come ingabbiare l’uomo cosi da costringerlo a liberarsi?
Tre
secoli prima Michelangelo, nel vestibolo della biblioteca Laurenziana a Firenze, ha
ottenuto esattamente questo risultato, cioè far sentire lo spettatore come
intrappolato in un ambiente in cui tutte le porte e le finestre sono state
murate, permettendogli solo di sbattere la testa contro il muro. Finestre che, anziché portare luce,
bloccano la vista e nello stesso tempo stimolano la curiosità del visitatore.
La
stanza di Michelangelo si sforza di recuperare una sensazione claustrofobica e
disorientante. Il vestibolo della Biblioteca Laurenziana ha un effetto
deliberatamente opprimente su chi la visita e quando si entra nella stanza, si
viene pervasi da una sensazione insopportabile, soffocante, asfissiante, come se si fosse appena
attraversato una soglia che dalla vita normale porta in una sala d'attesa dell'inferno.
È un caso estremo, in cui la finestra gioca un ruolo
importante, in cui essa si fa muro, separatore netto.
Non sai dove ti porta e non sei sicuro di volerci
andare: sai soltanto di non avere scelta e che non sarà esattamente una
passeggiata.
Si tratta del più grande artista della storia
(almeno così si dice).
Aveva passato una vita di lavorio mentale intorno
alla domanda delle domande, “che cosa può fare l'arte, può andare oltre il rumore
bianco della vita di ogni giorno, mettersi in contatto con quelle emozioni che
ci rendono esseri umani, l'estasi, l'angoscia, il desiderio, il terrore. La stanza di Michelangelo è
inquietante (e Michelangelo è terribile), ma anche liberatoria. Libera l'immaginazione.
Michelangelo oscura cosi tutte le forme esistenti e possibili, e invita a imboccare lo scalone, che porta alla conoscenza, l’unica che possa crearne sempre di nuove (forme). Nel vestibolo esiste una doppia funzione: fingere di eliminare per esaltare. È un’azione che nel momento stesso in cui oscura, illumina. È il negativo della vista che presuppone il suo positivo. E’ un’affermazione del pensiero. I latini dicevano che due negazioni affermano, ed egli a forza di cancellare, oscurare e quindi di negare, ha affermato del mondo e della vita, la bellezza infinita............. "e il naufragar ci è dolce in questo mare".
Michelangelo oscura cosi tutte le forme esistenti e possibili, e invita a imboccare lo scalone, che porta alla conoscenza, l’unica che possa crearne sempre di nuove (forme). Nel vestibolo esiste una doppia funzione: fingere di eliminare per esaltare. È un’azione che nel momento stesso in cui oscura, illumina. È il negativo della vista che presuppone il suo positivo. E’ un’affermazione del pensiero. I latini dicevano che due negazioni affermano, ed egli a forza di cancellare, oscurare e quindi di negare, ha affermato del mondo e della vita, la bellezza infinita............. "e il naufragar ci è dolce in questo mare".
Ragionando su ciò che appare in superficie, si riesce a
penetrare nella profondità delle cose!!!!
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